Lotta di classe e guerra – Antonio Gramsci

Gramsci contro il nazionalismo di sinistra

 

La dottrina di Carlo Marx ha dimostrato anche ultimamente la sua fecondità e la sua eterna giovinezza offrendo un contenuto logico al programma dei più strenui avversari del partito socialista, ai nazionalisti. Corradini saccheggia Marx, dopo averlo vituperato. Trasporta dalla classe alla nazione i principi, le constatazioni, le critiche dello studioso di Treviri; parla di nazioni proletarie in lotta con nazioni capitalistiche, di nazioni giovani che debbono sostituire, per lo sviluppo della storia mondiale, le nazioni decrepite. E trova che questa lotta si esplica nella guerra, si afferma nella conquista dei mercati, nel subordinamento economico e militare di tutte le nazioni a una sola, a quella che attraverso il sacrifizio del suo sangue e del suo benessere immediato, ha dimostrato di essere l’eletta, la degna. Continua a leggere Lotta di classe e guerra – Antonio Gramsci

Antonio Gramsci: come si fa la rivoluzione

Gramsci Antonio: rivoluzionario

Battista Santhià, operaio comunista, ci racconta due aspetti fondamentali dell’attività politica di Antonio Gramsci. Gramsci non ci lascia soltanto la forza dirompente delle sue parole, nate dal fuoco vivo delle lotte operaie, ma anche il valore altissimo delle sue azioni che, soprattutto oggi, risultano decisive. Soprattutto per una indicazione organizzativa di estrema importanza, che emerge chiaramente dagli spezzoni qui presentati e tratti dal bellissimo libro “Con Gramsci all’Ordine Nuovo” di Battista Santhià: il legame del partito, e dei suoi dirigenti, con la classe operaia. Un legame non meccanico o formale, ma organico, finalizzato alla comprensione e dunque alla trasformazione della realtà. Questo Gramsci e con lui Togliatti, come raccontato da Santhià, ce lo dimostrano con la limpidezza del loro esempio.  Contro “la bolsa retorica” dei professoroni appollaiati sulle poltrone delle aule universitarie.


“In tutti gli anni della guerra Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti, che a lui si unì dopo la smobilitazione, analizzarono in modo approfondito l’evolversi delle condizioni di lavoro nelle fabbriche. L’esperimento, in gran parte riuscito, delle commissioni interne aveva però messo in luce gravi difetti nella politica sindacale e nell’orientamento generale. Proprio in quegli anni Gramsci e Togliatti cercarono di approfondire il loro esame. Frequentissimi erano i contatti con gli operai. Ricordo che spesso non riuscivamo a renderci conto del perché di tanta insistenza nelle loro domande. Volevano sapere difatti dagli operai delle diverse fabbriche quali fossero i tipi di lavorazione in corso, l’attrezzatura degli impianti, la organizzazione generale della produzione, le capacità dei tecnici, i loro rapporti con gli operai, i motivi delle multe, ecc. L’operaio interrogato doveva fare grandi sforzi su se stesso: avrebbe preferito, almeno fuori orario, non interessarsi più di tutto quello che lo faceva ammattire per sei giorni alla settimana. E invece, alla Camera del Lavoro o al circolo, magari in tram, con Gramsci e Togliatti si accendevano lunghe discussioni. L’operaio le iniziava con l’intenzione di ricevere lumi sulla situazione politica interna ed estera e finiva per essere sottoposto ad un vero e proprio interrogatorio.  Continua a leggere Antonio Gramsci: come si fa la rivoluzione

Gramsci Antonio: Il movimento e il fine (dai Quaderni)

Gramsci Antonio: il maestro della classe operaia internazionale

Quest’anno, il 27 aprile 2017, ricorre il centenario dell’assassinio di Antonio Gramsci per mano fascista. Se volevano impedire al suo cervello di funzionare, ebbene, non ci sono riusciti. I suoi insegnamenti continuano a dare linfa vitale e movimento, materiale e intellettuale, alla classe operaia e ai partiti comunisti di tutto il mondo.


Quaderno 16, §26. Il movimento e il fine. E’ possibile mantenere vivo ed efficiente un movimento senza la prospettiva di fini immediati e mediati? L’affermazione del Bernstein secondo cui il movimento è tutto e il fine è nulla, sotto l’apparenza di una interpretazione “ortodossa” della dialettica, nasconde una concezione meccanicistica della vita e del movimento storico: le forze umane sono considerate come passive e non consapevoli, come un elemento non dissimile dalle cose materiali, e il concetto di evoluzione volgare, nel senso naturalistico, viene sostituito al concetto di svolgimento e di sviluppo. Ciò è tanto più interessante da notare in quanto il Bernstein ha preso le sue armi nell’arsenale del revisionismo idealistico (dimenticando le glosse su Feuerbach) che avrebbe dovuto portarlo invece a valutare l’intervento degli uomini (attivi, e quindi perseguenti certi fini immediati e mediati) come decisivo nello svolgimento storico (s’intende, nelle condizioni date). Ma se si analizza più a fondo, si vede che nel Bernstein e nei suoi seguaci, l’intervento umano non è escluso del tutto, almeno implicitamente (ciò che sarebbe troppo scemo) ma è ammesso solo in modo unilaterale, perchè è ammesso come “tesi”, ma è escluso come “antitesi”; esso, ritenuto efficiente come tesi, ossia nel momento della resistenza e della conservazione, è rigettato come antitesi, ossia come iniziativa e spinta progressiva antagonista. Possono esistere “fini” per la resistenza e la conservazione (le stesse “resistenza e conservazione” sono fini che domandano una organizzazione speciale civile e militare, il controllo attivo dell’avversario, l’intervento tempestivo per impedire che l’avversario si rafforzi troppo, ecc.), non per il progresso e l’iniziativa innovatrice. Continua a leggere Gramsci Antonio: Il movimento e il fine (dai Quaderni)