Antonio Gramsci: come si fa la rivoluzione

Gramsci Antonio: rivoluzionario

Battista Santhià, operaio comunista, ci racconta due aspetti fondamentali dell’attività politica di Antonio Gramsci. Gramsci non ci lascia soltanto la forza dirompente delle sue parole, nate dal fuoco vivo delle lotte operaie, ma anche il valore altissimo delle sue azioni che, soprattutto oggi, risultano decisive. Soprattutto per una indicazione organizzativa di estrema importanza, che emerge chiaramente dagli spezzoni qui presentati e tratti dal bellissimo libro “Con Gramsci all’Ordine Nuovo” di Battista Santhià: il legame del partito, e dei suoi dirigenti, con la classe operaia. Un legame non meccanico o formale, ma organico, finalizzato alla comprensione e dunque alla trasformazione della realtà. Questo Gramsci e con lui Togliatti, come raccontato da Santhià, ce lo dimostrano con la limpidezza del loro esempio.  Contro “la bolsa retorica” dei professoroni appollaiati sulle poltrone delle aule universitarie.


“In tutti gli anni della guerra Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti, che a lui si unì dopo la smobilitazione, analizzarono in modo approfondito l’evolversi delle condizioni di lavoro nelle fabbriche. L’esperimento, in gran parte riuscito, delle commissioni interne aveva però messo in luce gravi difetti nella politica sindacale e nell’orientamento generale. Proprio in quegli anni Gramsci e Togliatti cercarono di approfondire il loro esame. Frequentissimi erano i contatti con gli operai. Ricordo che spesso non riuscivamo a renderci conto del perché di tanta insistenza nelle loro domande. Volevano sapere difatti dagli operai delle diverse fabbriche quali fossero i tipi di lavorazione in corso, l’attrezzatura degli impianti, la organizzazione generale della produzione, le capacità dei tecnici, i loro rapporti con gli operai, i motivi delle multe, ecc. L’operaio interrogato doveva fare grandi sforzi su se stesso: avrebbe preferito, almeno fuori orario, non interessarsi più di tutto quello che lo faceva ammattire per sei giorni alla settimana. E invece, alla Camera del Lavoro o al circolo, magari in tram, con Gramsci e Togliatti si accendevano lunghe discussioni. L’operaio le iniziava con l’intenzione di ricevere lumi sulla situazione politica interna ed estera e finiva per essere sottoposto ad un vero e proprio interrogatorio.  Continua a leggere Antonio Gramsci: come si fa la rivoluzione

Gramsci Antonio: Il movimento e il fine (dai Quaderni)

Gramsci Antonio: il maestro della classe operaia internazionale

Quest’anno, il 27 aprile 2017, ricorre il centenario dell’assassinio di Antonio Gramsci per mano fascista. Se volevano impedire al suo cervello di funzionare, ebbene, non ci sono riusciti. I suoi insegnamenti continuano a dare linfa vitale e movimento, materiale e intellettuale, alla classe operaia e ai partiti comunisti di tutto il mondo.


Quaderno 16, §26. Il movimento e il fine. E’ possibile mantenere vivo ed efficiente un movimento senza la prospettiva di fini immediati e mediati? L’affermazione del Bernstein secondo cui il movimento è tutto e il fine è nulla, sotto l’apparenza di una interpretazione “ortodossa” della dialettica, nasconde una concezione meccanicistica della vita e del movimento storico: le forze umane sono considerate come passive e non consapevoli, come un elemento non dissimile dalle cose materiali, e il concetto di evoluzione volgare, nel senso naturalistico, viene sostituito al concetto di svolgimento e di sviluppo. Ciò è tanto più interessante da notare in quanto il Bernstein ha preso le sue armi nell’arsenale del revisionismo idealistico (dimenticando le glosse su Feuerbach) che avrebbe dovuto portarlo invece a valutare l’intervento degli uomini (attivi, e quindi perseguenti certi fini immediati e mediati) come decisivo nello svolgimento storico (s’intende, nelle condizioni date). Ma se si analizza più a fondo, si vede che nel Bernstein e nei suoi seguaci, l’intervento umano non è escluso del tutto, almeno implicitamente (ciò che sarebbe troppo scemo) ma è ammesso solo in modo unilaterale, perchè è ammesso come “tesi”, ma è escluso come “antitesi”; esso, ritenuto efficiente come tesi, ossia nel momento della resistenza e della conservazione, è rigettato come antitesi, ossia come iniziativa e spinta progressiva antagonista. Possono esistere “fini” per la resistenza e la conservazione (le stesse “resistenza e conservazione” sono fini che domandano una organizzazione speciale civile e militare, il controllo attivo dell’avversario, l’intervento tempestivo per impedire che l’avversario si rafforzi troppo, ecc.), non per il progresso e l’iniziativa innovatrice. Continua a leggere Gramsci Antonio: Il movimento e il fine (dai Quaderni)

Sport e Politica: intervista ad Ivan Ergic

Lo sport. Ideologia nella sua forma pura.

Sport politica e rivoluzione. Ivan Ergić è un calciatore, un editorialista, un marxista. Ha giocato a calcio per squadre come la Juventus, il Basilea e il Bursaspor. La sua carriera calcistica è iniziata nel 1999 e conclusasi nel 2011.

Più in generale, Ivan è un “insider” che ci presenta lo sport in un modo inusuale.

Le circostanze hanno fatto sì che io scriva già da parecchio tempo questi articoli sullo sport. Dico “le circostanze” perchè questa non sarebbe la mia prima tematica di interesse. A parte il tifo per le mie squadre del cuore nella pallacanestro e nel calcio, si potrebbe dire che sulle questioni sportive io dispongo d’un medio grado d’informazione. Sarebbe anche questa la causa per la quale i miei scritti parlano dello sport in quanto tale soltanto in misura minore. Sono più interessato allo sport come fenomeno sociale, alla maniera in cui la società si riflette nello sport, alla funzione dello sport nella riproduzione socio-economica. Mi interessano particolarmente queste tematiche dopo aver letto alcuni anni fa un pezzo di Ivan Ergić nel quotidiano “Politika”. Continua a leggere Sport e Politica: intervista ad Ivan Ergic

Il vero miracolo di San Gennaro

A. Dumas: La vera storia del miracolo di San Gennaro

“Il vescovo da tempo aveva annunciato il dolore di San Gennaro per la profanazione dei rivoluzionari senza dio. Il santo di solito ha a disposizione da uno a tre giorni per compiere il suo miracolo, ma in quell’occasione aveva solo due ore e mezza di tempo. Il popolo era convinto che non sarebbe successo nulla. Se alle 10.30 non si fosse verificato il miracolo, sarebbero scoppiate sommosse. Scoccarono le ore 10 e regnava il silenzio. All’improvviso, un plotone di 25 ussari avanzò alla cattedrale. Il comandante, l’aiutante di campo Villeneuve, calmo e impassibile, si fermò davanti alla porta esterna della sagrestia. “Amici– disse agli ussari- se alle 10.35 non mi vedete tornare e il miracolo non si è compiuto, irrompete nella sagrestia senza curarvi della resistenza che potreste incontrare”. Continua a leggere Il vero miracolo di San Gennaro